Aveva negli occhi un velo di tristezza, di malinconia, di angoscia che nascondeva troppo bene. Li aveva sempre lucidi, “gli occhi brillanti”, penserete. No, gli occhi pieni di lacrime che lottavano per uscire. Lacrime che erano state tenute a bada per troppo tempo e per troppe cose e che ora volevano solo uscire per liberarsi in un pianto senza fine nel letto, la notte, sul cuscino macchiato e sporcato di tutti i suoi dolori. Certe volte le veniva da piangere anche in mezzo alla gente mentre ascoltava i loro problemi, mentre sorrideva per rimandare il saluto, mentre diceva che era tutto okay, mentre raccontava, mentre parlava, mentre socchiudeva gli occhi per assaporare bene ogni cosa. Ma non piangeva mai.
Aveva negli occhi tutte le cicatrici possibili. Ci aveva messo dentro il cuore ferito, le promesse infrante, i sogni irrealizzabili che in quel cassetto non ci stavano più, le mollette di scorta per stendere un altro velo pietoso e la forza per chiudere un altro occhio. Aveva accartocciato tutte le cose piacevoli dentro quel sorriso falso, mettendo ogni dolore dentro lo sguardo difficile.
Aveva negli occhi tutti i suoi segreti più dolorosi, più scontati, più nascosti.
Nessuno è così stupido da mettere i suoi segreti nello sguardo, no?
Ma lei lo faceva perché nessuno capiva il suo, di sguardo.
E pensava che solo chi un giorno sarebbe riuscito a capire tutte le sue sfumature sarebbe riuscito a capire lei e tutte le sue ferite aperte.
Solo lì sarebbe crollata e avrebbe pianto senza vergognarsi di quelle lacrime potenti.
Julie. 18 anni anagraficamente, qualsiasi età mentalmente. Julie è divisa in due, da una parte c'è il controllo, dall'altra la vita. Julie è una ragazza interrotta.
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venerdì 15 giugno 2012
sabato 2 giugno 2012
5 grammi
Oggi mia madre si è accorta che sto dimezzando tutte le mie solite porzioni di cibo, e mi ha fatto una ramanzina, del tipo "tu devi fare qualcosa perchè noi ti possiamo tenere a casa, sai dove vai a finire con questo metodo, non puoi guarire con il sintomo!"
Cazzo, sono 6kg in più da quando stavo in ospedale, me li vuoi far perdere almeno prima di rimandarmici?
E poi... chi ha mai detto che voglio guarire?
Perchè non mi lasciano in pace, perchè?Non sono così grave come dicono loro, no!La gravità è ben altro, io l'avevo quasi raggiunta, ma mi hanno bloccata con un sondino.
Il pomeriggio sono uscita per la prima volta con un mio amico, lui portava i pasti nel centro in cui ero ricoverata quando ancora non c'ero, però lo conosco perchè abita nel mio stesso paese. E' molto carino e dolce, ma ovviamente, come tutti, non riesce a comprendere il problema. Forse però mi ha detto una cosa giusta: "Per uscirne devi trovare una svolta emotiva, qualcuno di speciale che ti faccia capire che quello che fai è sbagliato". Sono d'accordo sulla svolta emotiva, perchè cambierebbe la prospettiva su di me e sul mondo, ma la paura mi blocca, ancora non mi sento pronta. Non so se vorrà rivedermi, mi ha detto che gli ha fatto piacere passare un po' di tempo con me (e io ricambio), ma ho paura che di nuovo la mia malattia possa stroncare un rapporto. Insomma, chi mi sta davvero vicino ora è solo la mia migliore amica che mi conosce da una vita, per il resto tutti hanno un po' "paura" di me. Forse perchè li ho scacciati quando mi isolavo, forse perchè ho passato molto tempo in clinica e si sono un po' "scordati" di me o per qualsiasi altro motivo. Mio fratello dice che i suoi amici non sanno come comportarsi con me, hanno paura di ferirmi, o hanno paura ad invitarmi a cena fuori o a delle feste dove si mangia. Ok, ho una malattia, ma sono comunque una persona come tutte!
Per esempio oggi mi ha fatto piacere uscire con questo amico, perchè non eravamo mai usciti e significa che ci tiene un po' a me e che non si fa bloccare dalla malattia, almeno per ora.
Mi fa piacere sentire un po' di affetto intorno.
L'immagine che mi proiettavo sempre nei primi tempi di malattia era una minuscola e finissima statuina di vetro che tutti prendevano tra le loro mani, e io ero quella statuina.
Non so se qualcuno ha inteso il concetto che vuole esprimere questa immagine, ma io lo sento mio e lo ricerco disperatamente.
La mia è anche una ferita d'amore.
Cazzo, sono 6kg in più da quando stavo in ospedale, me li vuoi far perdere almeno prima di rimandarmici?
E poi... chi ha mai detto che voglio guarire?
Perchè non mi lasciano in pace, perchè?Non sono così grave come dicono loro, no!La gravità è ben altro, io l'avevo quasi raggiunta, ma mi hanno bloccata con un sondino.
Il pomeriggio sono uscita per la prima volta con un mio amico, lui portava i pasti nel centro in cui ero ricoverata quando ancora non c'ero, però lo conosco perchè abita nel mio stesso paese. E' molto carino e dolce, ma ovviamente, come tutti, non riesce a comprendere il problema. Forse però mi ha detto una cosa giusta: "Per uscirne devi trovare una svolta emotiva, qualcuno di speciale che ti faccia capire che quello che fai è sbagliato". Sono d'accordo sulla svolta emotiva, perchè cambierebbe la prospettiva su di me e sul mondo, ma la paura mi blocca, ancora non mi sento pronta. Non so se vorrà rivedermi, mi ha detto che gli ha fatto piacere passare un po' di tempo con me (e io ricambio), ma ho paura che di nuovo la mia malattia possa stroncare un rapporto. Insomma, chi mi sta davvero vicino ora è solo la mia migliore amica che mi conosce da una vita, per il resto tutti hanno un po' "paura" di me. Forse perchè li ho scacciati quando mi isolavo, forse perchè ho passato molto tempo in clinica e si sono un po' "scordati" di me o per qualsiasi altro motivo. Mio fratello dice che i suoi amici non sanno come comportarsi con me, hanno paura di ferirmi, o hanno paura ad invitarmi a cena fuori o a delle feste dove si mangia. Ok, ho una malattia, ma sono comunque una persona come tutte!
Per esempio oggi mi ha fatto piacere uscire con questo amico, perchè non eravamo mai usciti e significa che ci tiene un po' a me e che non si fa bloccare dalla malattia, almeno per ora.
Mi fa piacere sentire un po' di affetto intorno.
L'immagine che mi proiettavo sempre nei primi tempi di malattia era una minuscola e finissima statuina di vetro che tutti prendevano tra le loro mani, e io ero quella statuina.
Non so se qualcuno ha inteso il concetto che vuole esprimere questa immagine, ma io lo sento mio e lo ricerco disperatamente.
La mia è anche una ferita d'amore.
giovedì 31 maggio 2012
3 grammi
Notte insonne di dolori allucinanti. Quelle 6 compresse di dulcolax hanno fatto un ottimo/pessimo effetto.
Stamattina il peso: -1.100 kg.
Sono contenta?NO.
In teoria 1kg l'avrei già dovuto perdere, questo significa che quello che ho perso è stato solo per colpa dei liquidi persi grazie al lassativo. Sto dando di matto, che devo fare per tornare come una volta?
Questi pensieri mi uccidono, mi tartassano.
Non posso continuare a sfondarmi di lassativi.
Mi sistemo la garza sul braccio. Quei tagli ancora non li ha visti nessuno, continuo a portare maniche lunghe nonostante il caldo. Ogni volta penso che mi stanno bene, che me li sono meritata e che me ne meriterei anche altri, più profondi. L'odio verso di me cresce e si espande fino al pensiero difarla finita: sono inutile, sono una buona a nulla, e non riesco nemmeno ad essere come voglio.
Il dolore è lancinante, soffocante...
"M'è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. E' sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un'evidenza. S'è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi sono sentita un pò strana, un pò impacciata, ecco tutto. Una volta installata non c'è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch'era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande. […]Mi stava di fronte e s'era impadronita della mia vita per rappresentarmi la sua. Non m'accorgevo più che esistevo; non esistevo più in me, ma in lei. [...] Io non ero che un mezzo per farla vivere, lei era la mia ragion d'essere, mi aveva liberato da me stessa. Cos'avrei fatto ora?"
Stamattina il peso: -1.100 kg.
Sono contenta?NO.
In teoria 1kg l'avrei già dovuto perdere, questo significa che quello che ho perso è stato solo per colpa dei liquidi persi grazie al lassativo. Sto dando di matto, che devo fare per tornare come una volta?
Questi pensieri mi uccidono, mi tartassano.
Non posso continuare a sfondarmi di lassativi.
Mi sistemo la garza sul braccio. Quei tagli ancora non li ha visti nessuno, continuo a portare maniche lunghe nonostante il caldo. Ogni volta penso che mi stanno bene, che me li sono meritata e che me ne meriterei anche altri, più profondi. L'odio verso di me cresce e si espande fino al pensiero di
Il dolore è lancinante, soffocante...
"M'è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. E' sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un'evidenza. S'è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi sono sentita un pò strana, un pò impacciata, ecco tutto. Una volta installata non c'è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch'era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande. […]Mi stava di fronte e s'era impadronita della mia vita per rappresentarmi la sua. Non m'accorgevo più che esistevo; non esistevo più in me, ma in lei. [...] Io non ero che un mezzo per farla vivere, lei era la mia ragion d'essere, mi aveva liberato da me stessa. Cos'avrei fatto ora?"
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